mercoledì 29 novembre 2017

Parashà Vayetzè

Giacobbe uscì da Be'er Sheva e andò a Charan (Genesi 28:10)

La storia del viaggio di Yacov  a Charan è la storia della discesa di ogni anima nel mondo fisico.
Anche l'anima lascia l'idillio spirituale di Be'er Sheva (letteralmente, "pozzo dei Sette" - un riferimento alla fonte superna dei sette attributi divini, o sefirot, da cui l'anima deriva) e viaggia verso Charan (letteralmente, "arrabbiatura"): un luogo di menzogne, inganni, lotte e difficoltà; un luogo in cui le preoccupazioni materiali consumano i propri giorni e notti, indebolendo la propria energia, confondendo le proprie priorità e quasi oscurando lo scopo per il quale si è arrivati ​​lì in primo luogo.
Eppure è in Charan, al servizio di Laban l'Ingannatore, non in Terra Santa e nelle sue "tende di apprendimento", che Giacobbe fonda la nazione di Israele. È qui che si sposa e diventa padre di undici dei suoi  dodici figli che diventeranno le dodici tribù di Israele. Se Giacobbe fosse rimasto in Terra Santa, la vita di questo pio studioso che visse 3.500 anni fa non sarebbe stata per noi significativa per noi oggi.
Anche l'anima raggiunge il suo duraturo significato solo dopo la sua discesa in "Charan". Solo come un essere fisico, rivestito in un corpo fisico e abitando in un ambiente fisico, può adempiere allo scopo della sua creazione, che è di costruire "un dimorando per D-o nel mondo fisico.

Dagli insegnamenti del Rebbe di  Lubavitch (tratto da www.Chabad.org)

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