domenica 17 dicembre 2017

VOLARE IN ALTO (di RAV ALBERTO MOSHE SOMEKH)

Shabbat Bereshit 5765

LO SHABBAT: VOLARE ALTO


מזמור שיר ליומ השבת
“Salmo, canto per il giorno di Shabbat” (Salmo  92,1)
“Fu Adam a recitare questo salmo alla vigilia dello Shabbat, quando egli fu creato. Subito dopo Adam trasgredì e fu punito e, nell’ora dodicesima del sesto giorno, venne cacciato dal Giardino dell’Eden. H. in realtà aveva già decretato la sua condanna a morte, ma lo Shabbat entrò e ne determinò la semplice espulsione. Adam allora aveva l’intenzione di intonare un inno allo Shabbat, per merito del quale era stato salvato dalla pena capitale; ma lo Shabbat gli disse: “Intoniamo piuttosto, tu ed io, un inno al S.B.!”. Come è detto (subito dopo): תוב להודות להי  “E’ cosa buona ringraziare H.”.

Con questo Midrash R. David Qimchi (Radàq), il celebre esegeta spagnolo del Medioevo, introduce il suo commento al “Salmo che i Leviti cantavano nel Bet ha-Miqdash nel giorno di Shabbat, dando conto di un titolo che in apparenza poco o nulla c’entra con il contenuto del brano. Il Salmo parla infatti di punizione e ricompensa. Che legame può esserci fra il tema della Giustizia Divina e lo Shabbat?

Pirqè de-Rabbì Eli’ezer, 18 spiega  che quando H. si rivolse al primo uomo dicendogli: “dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, perché nel giorno in cui tu ne mangiassi, certamente moriresti” (Gen. 2,16) ed egli ne mangiò, lo Shabbat assunse la funzione di avvocato difensore. “Signore dell’Universo – argomentò – nessuna creatura è stata uccisa durante i sei giorni della Creazione. Vorresti proprio cominciare da  me? E’ questo il mio qiddush? E’ questa la mia berakhah? Non è forse scritto: “D. benedisse il giorno settimo e lo santificò” (2,3)?

Per il merito dello Shabbat, dunque, Adam fu salvato dal Giudizio divino. Il primo uomo allora disse: Tutte le generazioni devono sapere che chiunque riconosce le sue colpe e le abbandona sarà salvato dal Giudizio Divino, come è detto (subito dopo): תוב להודות להי “E’ cosa buona confessare ad H.” Il Midrash  continua dicendo che l’Uscita di quel primo Shabbat Adam era tutto preso dal pensiero della sua debolezza, finché gli fu mandata una colonna di fuoco a dargli luce e a proteggerlo da tutti i mali, cosa che lo rallegrò. Egli stese le mani verso di essa e recitò la Berakhah Borè Meorè ha-Esh (Benedetto tu H., Creatore dei Luminari di Luce); dopodiché soggiunse: “D’ora in poi so che la giornata sacra è separata dalla giornata lavorativa, perché non si può accendere il fuoco di Shabbat e proclamò: Benedetto tu H. che distingui il sacro dall’ordinario, la luce dalle tenebre.” Nacque così la cerimonia della Havdalah.

Il Midrash finisce qui, ma l’episodio non rimase senza conseguenze per la storia dell’umanità. In Bereshit Rabbà (22,28) si racconta che dopo l’omicidio di Hevel commesso da Qayin, quest’ultimo incontrò suo padre Adam, il quale gli domandò: “Come ti ha giudicato il Tribunale Celeste?” Qayin rispose: “Mi sono pentito e la mia punizione è stata cancellata”. Adam reagì esclamando: “Non mi ero reso conto di quanto grande fosse il potere della Teshuvah!”. Immediatamente si diede a comporre il “Salmo, canto per il giorno di Shabbat”.

La lettura di questo Midrash ci suscita alcune riflessioni. Esiste una dimensione dello Shabbat poco conosciuta ed è la sua drammatica forza espiatrice. La stessa parola Shabbat può essere ricondotta alla radice shav, “ritornare” o “pentirsi” e le lettere dell’espressione השבת possono prestarsi ad essere anagrammate in  תשבה, “pentimento”. Lo Shabbat è dunque il giorno particolarmente dedicato all’introspezione e al miglioramento di sé.

Ma il Midrash ci insegna ancora che ciò si ottiene mediante due operazioni: קידוש e הבדלה. La santificazione può essere identificata con quello che oggi chiamiamo un alto profilo, saper “volare alto” in tutte le relazioni. Una volta che abbiamo fatto nostra questa dimensione dello spirito, che sola ci consente di elevarci al di sopra delle nostre piccolezze e debolezze nella vita di tutti i giorni, possiamo finalmente esercitare il discernimento ed imparare a distinguere fra ciò che importa di più e ciò che merita di meno, fra ciò che vale la pena e lo sforzo di combattere per esso e ciò che ci attira verso fatiche vane e battaglie senza senso, “fra il sacro e l’ordinario, fra la luce e le tenebre”.

Non sarà a questo punto un puro caso, che la lettura annuale della prima Parashah della Torah, con il suo racconto sulle origini del mondo, dell’uomo e di quel pregevole dono chiamato Shabbat, sia collocata non in coincidenza con Rosh haShanah, ma solo una volta trascorso l’intero periodo particolarmente dedicato alla Teshuvah. Solo attraverso la Teshuvah noi acquistiamo quella consapevolezza e quella capacità di distinguere fra il bene e il male che ci consente, in un secondo momento, di volgerci dall’intimo all’esterno, di affrontare la realtà con la forza di chi è chiamato a collaborare con D. nella Sua costante opera di rinnovamento della Creazione, in una tensione costante verso l’Alto.

                                                                                                                                     Shabbat Shalom,                                                                                                                       Rav Alberto Moshe Somekh

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